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SIDIEF: MENO FISCO PER FARE RIPARTIRE L’AFFITTO, LOCAZIONI PENALIZZATE RISPETTO ALL’ESTERO

Sidief: meno fisco per fare ripartire l’affitto, locazioni penalizzate rispetto all’estero

di Paola Dezza

La crisi immobiliare degli ultimi sette anni, una serie di cambiamenti culturali e i problemi legati alla disoccupazione hanno cambiato il mercato abitativo.

Sidief, la società di gestione del patrimonio immobiliare residenziale di Bankitalia, ha tracciato una fotografia, con l’ausilio di Censis e Nomisma, sul settore e sul tema degli investimenti nel segmento della locazione residenziale privata. Con un occhio ai nodi da sciogliere in Italia per rendere l’investimento nel residenziale da mettere a reddito più interessante tanto per investitori privati quanto per istituzionali.

L’investimento privato nel mattone si è praticamente azzerato, per via della pesante pressione fiscale in primis che ha ridotto i rendimenti ma anche a causa della congiuntura economica negativa. Trovare oggi un inquilino stabile e “buon pagatore” è diventato sempre più difficile. Secondo lo studio anche dal lato degli investitori si registrano segnali di un potenziale riavvicinamento al tema residenziale, che fatica tuttavia a concretizzarsi per il permanere di una serie di fattori disincentivanti. Sempre per il regime fiscale penalizzante e mai definitivo, a causa di un quadro normativo incerto e per la farraginosità delle procedure urbanistiche. «Il rendimento per l’investitore istituzionale può essere interessante – dice Merio Breglia, presidente di Sidief -. L’yield in Europa viaggia tra il 2-3% lordo, quello che cambia è la tassazione della società di gestione della proprietà. Che per noi è penalizzante. In Italia l’acquisto di unità abitative da parte di privati per poi affittare è praticamente scomparso. Per noi il tema centrale è quello della fiscalità, la nostra assimila l’investimento di una seconda casa all’acquisto di un immobile di lusso, in uno spreco». In Italia quindi il segmento resta marginale, a differenza di altri Paesi europei dove l’affitto di mercato rappresenta un pilastro importante delle politiche della casa.

Non solo. L’impossibilità di accesso di molte famiglie all’acquisto della casa impone a individuare soluzioni adatte a evitare crisi sociali, tutelando le fasce della popolazione con reddito basso, e a incontrare le necessità dei più giovani, più inclini alla mobilità. Nomisma ha rilevato, infatti, che nelle città maggiori la domanda è salita negli ultimi sei mesi del 2014 nel semicentro e in periferia, zone con canoni più bassi. In generale lo spostamento d’interesse di una parte delle famiglie verso il mercato dell’affitto ha favorito una maggiore tenuta dei canoni rispetto ai prezzi, seppure in un quadro recessivo. A far crescere la domanda di case da affittare sono anche i cambiamenti della struttura sociale. Dei 25 milioni di famiglie presenti in Italia, molti nuclei sono costituiti da una o due persone. Nel quadro europeo lo studio rileva come sia entrato in crisi il modello abitativo legato alla corsa alla proprietà. L’impoverimento delle classi medie ha avuto ripercussioni sulle nuove generazioni. Non più aiutati dai genitori, i giovani hanno dovuto cambiare le attese.

Sul settore pesa anche il calo della produzione di nuovi alloggi, anche per le difficoltà a reperire aree edificabili senza andare a consumare nuovo suolo agricolo o verde (i cosiddetti greenfields). Peraltro le aree già urbanizzate (i cosiddetti brownfields) specie se posizionate strategicamente rispetto a servizi e trasporti, determinano costi elevati. Quali sono i nodi da sciogliere? Innanzitutto una normativa che rende il segmento affitti più affidabile e trasparente, un’attenzione a calmierare in alcuni casi i canoni e un’accelerazione della valorizzazione immobiliare del pubblico e del privato, oggi eccessivamente lunga. «Le politiche abitative, spesso intese in Italia unicamente come un ambito di risposta all’emergenza delle fasce sociali più disagiate, rappresentano invece in un’ottica europea, anche un’azione di supporto alla competitività e coesione del Paese» recita lo studio.

L’affitto va inteso non come un’area del mercato immobiliare residuale, ma come un settore di offerta potenzialmente di interesse per la generalità delle famiglie. E di interesse anche per i grandi capitali che investono sul mattone. Tuttavia nel nostro Paese l’incertezza del contesto rappresenta il principale fattore negativo dal lato dell’offerta, l’ostacolo principale ad un ritorno degli investimenti e degli investitori nel settore residenziale. L’approccio basato su una regia unitaria è auspicabile anche per il nostro Paese, come tramite per favorire un salto di qualità del mercato della locazione. All’estero, per esempio, si possono annoverare casi di politiche che hanno gestito la materia. È il caso dell’Inghilterra ma anche della Germania. Qui c’è il più basso tasso di proprietari dell’Unione europea, pari a circa il 42%. In questo quadro il settore privato dell’affitto è il pilastro fondamentale del sistema abitativo: questo rappresenta circa il 40% dell’intero stock abitativo e serve quindi ampi strati della società tedesca. Da sottolineare il fatto che sei case in affitto su dieci appartengono a piccoli proprietari. La formula tedesca è in sostanza una combinazione tra protezione degli inquilini (contratto e controllo degli affitti) ed ampi incentivi fiscali per le nuove costruzioni di alloggi in locazione.

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